Non mi stupii dell'incontro casuale (anche io ero lì per caso) con Filippo Paone, in pantaloni celestini e stretto in una "iacchettiella" a strisce verticali bianco azzurro chiaro (colori simili che stonavano), ma notai che era assai distratto e preoccupato della vicenda disciplinare: capii solo che doveva parlare con Rosalba e forse poi con Sandro, ma non di cosa. Forse di una propaggine penale della manifestazione non autorizzata dell'epoca?! No, pensavo, era passato troppo tempo dalla data del fatto. Sempre quel giorno arrivò a studio quello che seppi essere il compagno/marito di Rosalba Valori, un personaggio ben noto del mondo della autonomia operaia romana: con barba, bel tipo, non certo sgualcito. Mi tornò il conto solo parzialmente: 1. autonomia operaia 2. magistrato nei guai disciplinari per aver sostanzialmente ostacolato lo sgombero dell'aula di giurisprudenza occupata per una assemblea di autonomia operaia, che veniva forse a raccontare novità sull'accaduto o a trovare i compagni di sorte?! (Pifani ad esempio, trovato al confine con la Yugoslavia con un bazzoka da portare alla "resistenza palestinese", da tempo era stato messo fuori gioco). Ma perchè Filippo Paone personalmente, e perchè lì? Per Rosalba, avevo concluso. Ma Sandro?! Allora per me il cognome VALORI non aveva significato. Non lo stimavo Filippo; era allora Pretore penale, tra l'altro l'autore di una risibile se non ridicola giurisprudenza che applicava in analogia (totalmente vietata in sede penale) la norma penale sull'aggiotaggio azionario alla rarefazione degli immobili destinati ad abitazione, per loro "natura" ma sottratti alla disponibilità del mercato o pubblica: una "pecionata" ideologica di quelle che per me (di scuola giuridica, assistente e collaboratore con cattedre di diritto privato e cattedra rivista di diritto pubblico) rendevano disonore alla magistratura; e rendevano disonore ad una corrente (M.D.), che dovevano assicurare secondo i miei intendimenti la progressiva e corretta attuazione della legge: sì a tutela dei deboli e secondo l'art. 3, 2° co della Costituzione. ma non sostituendo alla interpretazione costituzionale e progressiva delle norme il metodo "IDEOLOGICO", che aborrivo. Un metodo eccessivo e fuori del seminato, errato, del quale poi non c'era neanche bisogno. Sandro e Tony , già studenti dello scientifico Archimede li frequentavo per la loro e mia storia di studenti impegnati politicamente; e Sandro dal 1985 in poi era stato sempre più "premurosamente" presente in troppi momenti della mia vita. In particolare da poco dopo che avevo vinto il concorso in magistratura. Un amico vero, pensavo, lievemente traumatizzato dalla storica circostanza che al primo anno di giurisprudenza insieme, volendo preparare con me l'esame di filosofia del diritto nel lontano 1975, mentre lui stava al terzo capitolo io nel frattempo avevo fatto nella seconda sessione del primo anno cinque esami tra ottobre e dicembre. Tra me e loro una differenza che non pensavo insormontabile: io ero socialista e della sinistra del MANIFESTO al contempo, rossandiano, e miscelavo le due matrici guardando come burocrati post comunisti i "destri". D'altronde questa era la loro nomèa tra la gente impegnata politicamente].
Nell'Aprile del 1991 ci furono le elezioni per i membri del Consiglio della Corte di Appello di Roma, in liste bloccate (si votano solo le liste sostanzialmente, tutti a pari voti) ed io avevo preso fuori sacco e più degli altri oltre una quarantina di voti (mi sembra 42). Un fatto atipico mai successo.
Arrivò poi Giuseppe de Falco, oggi PROCURATORE a Frosinone, col "de" minuscolo, come mi fece notare un paio di volte con sussieguo infastidito nel firmare uno dei tanti documenti da me stilati e sottoscritti da quasi tutti, con tanto di legenda delle firme accanto: non si poteva esimere, tra il 1990 e la prima e seconda metà del 1991.
De Falco fece divenire subito il quartetto un "quintetto", e dei cinque era il più scivoloso e sfuggente: mai intellettualmente o ideologicamente brillante, con un profilo pubblico medio. Loro crearono l'alone dell'intellettuale intorno a De Falco, io non ho mai stimato le cose che scriveva in diritto perchè ordinate e "pulite" ma didascaliche e scolastiche dal mio punto di vista. Le cose che ecriveva poi in materia di sicurezza erano altresì palesemente astratte e prive della linfa e profondità di chi applica settori normativi concretamente, e con efficiente professionalità mirata al risultato. Attività para-intellettuale separata, da carriera accreditata, in parallelismo perfetto al mio concreto lavoro e ruolo nella sicurezza e salute del lavoro: ritenevo e ritengo insomma che fosse un'attività para-intellettuale destinata solo a fini di circuiti "ristretti" interni ed altro sopra detto. Una certa mia esperienza nel mondo accademico di produzioni "librarie" troppo intense ... mi lasciava infine scettico: mentre si fa il magistrato a tempo ipoteticamente pieno poi come si fà ad essere così "prolifici" ?!
Una conferma generale sulla catena di montaggio la ebbi da un noto esperto di sicurezza che sapeva morte e "miracoli" di settore, della Pretura, Procura Circondariale e poi Procura di Roma.
Ma ho sottovalutato un libretto con autore Giuseppe de Falco sul MOBBING del 2006 o 2007 mi sembra, di quelli da "catena di montaggio", mi fu fatto intendere da Agostino, che me lo portò in visione, allusivo .
De Falco fu il primo lucido e manipolatore ad applicare oralmente davanti a me il "protocollo", in una riunione dei colleghi di MD da me convocata per illustrare i fatti da Cecchignola in poi e almen il contenuto di quella che sarebbe stata la futura denuncia a Perugia, riunione tenuta nella stanza di Delia Cardia: con melliflua e affatto duttile insinuazione formulò l'ipotesi che avevo bisogno di riposo e ovviamente, come alla "Ferrara maniera" ( Giovanni Ferrara il Procuratore di Roma oggetto della mia denuncia del 7 marzo 2011), lasciò intendere ai presenti che mi occorreva assistenza ... Ovviamente l'ottanta per cento dei presenti era claque contigua e non avevo più il polso esatto dela situazione della corrente interna.
Solo tre mesi prima Simonetta Ferraro, aveva velenosamente fatto pressione su di me, in una telefonata , esclamando e svelandosi, con fare intimatorio ( risibile) "sei solo contro tutti". La frase indicava la "condivisione" e la scelta predeterminata di farmi fuori dopo aver cospirato per decenni, non potendosi questi apparati sotterranei permettersi che la cosa mia divenisse pubblica nè, tantomeno, che ne divenisse pubblica una analisi completa e dettagliata. Ma significava solo che ero accerchiato da un apparato potente e "criminaluccio" , condiviso, che contava sul mio isolamento totale.
Cascini, e ancor più Pesci e de Falco, soffrivano particolarmente il confronto pubblico con me, sia in sede tecnico professionale (specialmente in organizzazione e gestione informatica e in materia di sicurezza e salute del lavoro) che in sedi istituzionali e politiche esterne non alla portata intellettuale ed oratoria della micro-cordata, che pure si andava lentamente allargando sempre facendo da claque a sè stessa.
In Procura circondariale erano arrivati subito Maria Monteleone, Paolo Auriemma,
poi Rolando Sabelli, e altri, tra gli ultimi Luca Palamara,
lentamente e letteralmente assorbiti, ma ricollocati all'esterno dalla cordata che saldava, omologava e a mio avviso inseriva in circuiti prima talvolta a loro ignoti i magistrati ( conservo un ricordo preciso nel 2002 di un mutamento visibile di immagine e atteggiamento di Sabelli che mi aveva all'epoca colpito .. ). Attualmente dal 2011 si palleggiano ruoli, scalata e attività : la cordata della procura romana ... al "poder" ... ma sino a quanto ?!
E quando le due Procure vennero unificate, nel 2000 dovettero subire "l'onta" ennesima di un ruolo mio importante di ausilio diretto alla organizzazione complessiva ed informatica dell'ufficio unificato, e scalpitavano , eccome se scalpitavano...
Quando nel novembre 2012 Paolo Auriemma in una telefonata sempre registrata disse a me che " il quadro di insieme era chiaro" anticipando il provvedimento finale progettato da anni, capii , letteralmente indignato di quell'atteggiamento ipocrita e "criptico", che ero stato realmente accerchiato da tanti anni e potei ipotizzare che persino le visite di Gallo a Maria Cordova a questo servivano, nell'aprile del 2011, anche. Si doveva nascondere l'ordito, fallito intorno alla Cecchignola, ad ogni costo.
Nel CSM oltre a Paolo Enrico Carfì, l'AVV CALVI c'era nel 2011 anche Vittorio Borracetti, l'alter-ego di Claudio Castelli, alternatosi come segretario di M.D., una M.D. ignota alla gran parte dei magistrati per bene che aderivano ed aderiscono a valori ed idee.
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Avv prof. Calvi |
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Vittorio Borraccetti |
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In Procura circondariale arrivò dal ministero di Giustizia, credo a primavera del 1991, Riama Sarète (uso questo pseudonimo perchè rivelatasi per un verso non originariamente intranea a quel "gruppo", e diversa da costoro, e anche per aver io sottovalutato quello che le accadeva tra il gennaio e l'aprile 1992). Una donna magistrato equilibrata, di origini campane, che rivelava una simpatia per me, che ricambiavo: si era in realtà immessa, dopo un pò che era arrivata alla Procura circondariale, in una vicenda personale presto finita, con "altra" persona ( a monte vi era un suo storico e canonico rapporto ufficiale in crisi, con uomo impegnato in un lavoro di rilievo in sede estera - New York).
Sarète entrerà in uno stato di palese confusione e stordimento nei primi due mesi del 1992: all'epoca mi riferì di curiosi episodi su cui lei rifletteva preoccupata, compresa una incursione in dialetto napoletano e una "manàta lì", mentre su un motorino percorreva l'olimpica da Montesacro in direzione di piazzale Clodio. Viveva sola a Montesacro, e ciò facilitò l'approccio di Giuseppe Cascini; e credo che la sua presenza in una delle due case accanto a piazzale Clodio fosse stata diremmo "agevolata" da accadimenti di cui lei aveva una qualche confusa preoccupazione. Preoccupazione che invece a me, povero deficente, apparve allora smodata ed incomprensibile. Ora mi consta che vi siano le condizioni per cui lei possa essere retroattivamente meglio consapevole, dopo una separazione legale ingaggiata con l'uomo pericolosetto sposato, definito come fu definito da Michele Coiro parlando con me seduto al bar dietro gli uffici giudiziari nel febbraio 1995. Mi chiedo ancora perchè Michele non mi disse di più quel primo pomeriggio.
Nel novembre 1991 vi fu una scena indimenticabile: Giuseppe Cascini nella sua stanza da "piemmino", che scoppia in un breve pianto anche un tantinello nevrotico e malato e mi dice: "lascia perdere Sarète, ti devi togliere di mezzo...ti devi togliere di mezzo". Replicai stupito e diretto: "ma di che parli ... ma fai sul serio ?!" spiegandogli che io non ero "in mezzo", e lo lasciai lì seduto alla sua scrivania. Ero andato da lui, come facevo con tutti, a portare un breve documento per organizzare l'assemblea dei colleghi.
Quello che accadrà dal 1992 in poi è "anche" frutto di questa miscellanea di umori e vicende "personali" .
Cascini ottenne l'ambita preda attirata nella sua ragnatela anche immobiliare, e la sposò; e l'unica volta in cui misi piede già single io nella casa di Sarète durante una piccola festicciola-ritrovo dei magistrati della Procura in particolare, notai uno stato confusionale di Sarète nella cucina: me ne preoccupai, ma pensai ... sono affari suoi. Me ne pento, occorre essere sempre attenti a chi ci circonda aiutandolo se possibile, nei limiti del possibile.
Sarète nel lontano 1995 (già trasferitasi dal 1994 dalla Procura ad altro ufficio giudiziario) alluse esplicitamente a possibili trame, e mi disse "con questa storia che sei un bell'uomo e piaci alle donne, ti farai mettere in mezzo" .... nei guai. Lo disse un pò acida ma non per sua propensione personale, mai vissuta concretamente: mi avvisava e metteva in guardia a modo suo, e sembrava mettere l'accento su un costume di vita da single . Io dal canto mio non potevo capire, ma appiccicai il post-it giallo alla mia parete cerebrale.
Era l'anno di Cecilia, Laura e poi la Silvia Canali.
Nel 1992-1993 si era distrutto il rapporto di coppia con Daniela: la prima ragazza, donna e moglie della mia vita per ben 20 anni, a contare i tre anni del liceo. Era venuta dal Giulio Cesare del Parioli-nomentano-corso Trieste, in primo liceo all'Orazio, ma ci conoscevamo sin da ragazzini nel quartiere Montesacro. Nel 1992-1993 ancora non capivo bene cosa fosse successo e nulla sapevo degli "intrecci" di cui avrebbe scritto il CSM nel 2012, lasciandomi esterrefatto persino dopo. Ma nel 1992-1993 colsi le attività di un fratello , l'AVV. Marco Ferraro, che non valutavo e da cui mi distanziavo anche a tutela del mio ruolo indipendente. Anche lui assurse nel 2009, dopo tentativi falliti, a provvisorio e parziale vincitore: novello Pirro di una cordatta di Pirri, una partita volta alla distruzione di uno dei migliori, estraneo per vocazione ed indipendenza ad apparati mariuolate e cordate massoniche: una partita caratterizzata da una "eterogenesi del fine ", e che veniva da lontano.
Nella Procura circondariale era arrivato il giorno prima della data della sua "nascita" istituzionale, con il nuovo processo "accusatorio", il 23 ottobre 1989, Giuseppe Corasaniti: lo conoscevo all'università dal 1976. Saremmo divenuti insieme a Giuseppe Amato, anche lui magistrato e anche lui nella Procura Ccircondariale, collaboratori assistenti volontari della cattedra di diritto privato nel 1980. Chi fosse e quale curriculum avesse Giuseppe C. lo potete vedere sulla rete, ma potete immaginare come patisse il confronto diretto con chi vi scrive. E sin dall'epoca dell'Università. Viaggiavo, come dirà l'11 gennaio del 2011 il "faceto" psichiatra dott. Paolo Girardi, (ma già allora), "alla velocità della luce" ed ero il "pirotecnico" ( così mi definiva ripetutamente il professore dinanzi agli occhi smarriti e cupi degli altri assistenti volontari giovani, assistente volontario io, già impiegato pubblico dal 1976). Tra di essi e futuri magistrati GIUSEPPE AMATO, GIUSEPPE CORASANITI ma anche e direi soprattutto DONATELLA FERRANTI
(quest'ultima più strutturata, determinata e, per sue doti, ancor più consapevole delle mie caratteristiche e doti: mi inviterà ad un convegno a Viterbo nel 1988, e l'eco dei complimenti suoi e l'atteggiamento ed osservazione pubblica in quel convegno e subito dopo la mia relazione. del suo mentore politico in magistratura MARCO PIVETTI - attuale Presidente della sezione
tributaria della Corte di Cassazione- ancora li ricordo: stima fuor di misura quasi esagerata dopo la mia relazione intervento su un tema generale, localizzazione delle opere publiche e tutela dell'ambiente, con riferimenti infine anche alla edilizia penitenziaria. Un ricordo questo mio non secondario:
Donatella diverrà prima segretario del CSM poi parlamentare poi presidente della Commissione Giustizia della Camera, appartenendo al gruppo parlamentare del PD e relativa commissione gisutizia. Lei e Marco Pivetti sanno, sapevano e sapranno esattamente chi sono e quanto valgo e valevo... e lui stesso, nemico mio infine dichiarato dall'epoca della cacciata ad opera mia di Cascini e Pesci dalla segreteria di MD nel 1994, non ne faceva mistero già nel 1988.
E' Marco Pivetti (senza immagine fotografica reperibile in rete ) che guiderà negli anni novanta l'ascesa di questo "apparatino" in forte scalata, ed io che arginerò o tenterò di arginare sino al 2004 solo alcune nefandezze, su una sponda diversa, idealmente.
Non avrei mai accerchiato con metodi criminali nessuno, e tantomeno tentato di far fuori "per stima" un uomo: alcuni si ergono sulla eliminazione dell'altro, specie se migliore, così come fece D'Alema con Occhetto. A me mancava allora la chiave di lettura storico strategica, e quella "sotterranea".
Il resto è analitica recente e generale informazione e storia.
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Dalla direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero di Giustizia, arriverà sempre nell'ottobre 1989 alla Procura Circondariale Salvatore Vitello, alias Filippo: un personaggio palermitano, militare a cavallo della vincita del concorso in magistratura 1983, e sarebbe per questo entrato concretamente solo col mio corso del 1984 ( !! ): di medio profilo, manterrà invece ruoli di potere e presenza ministeriale forte che abbiamo già dettagliato in un precedente articolo e video audio .
Un ruolo da eminenza grigia ancor più sotterraneo di quello di Pesci e del peso "sub-istituzionale" forse maggiore di quello di Cascini.
Di tutto quello che ho saputo e potrei enucleare didascalicamente, racconto qui solo un suo ripetuto alludere alla "bella mogliettina che avevo", "peccato che vi siete lasciati", frasi centellinate e ripetute a distanza di due o tre anni sempre con fare affettatamente paternalistico e direi neanche tanto impercettibilmente allusivo. Non era e non è un Andreotti, e invece di monitorare mi aveva fatto ripetutamente insospettire ... senza conclusioni mie, poi raggiunte. Nei vent'anni dal 1992 al 2011 mi sono sempre ben guardato dall'illustrargli fatti e sospetti ragionevoli e dal fargli capire alcunchè. Così ho raccolto sei o sette "fogliettini gialli" "post-it utili" (come li chiamo), e l'ultima telefonata in cui rientra in argomento con suggestione accorta del tipo "quando si lavora ... così tanto vanno in crisi i rapporti di coppia". Sotterraneamente investigavo, senza saperlo, solo "osservando" di fatto per venti anni e memorizzando attentamente, la qual cosa mi viene naturale; così mi sono ritrovato ad accertare o capire tante cose.
Sicchè hanno imbastito quello che hanno imbastito, così contortamente e con attività complesse, e alla fine protocolli di "ultima specie"; ma senza potermi affondare definitivamente, da ultimo. In parte li aspettavo al varco, ma da persona sana: distinguendo sempre tra dati, fatti, sensazioni obiettivabili, intuito e vaglio critico. Niente paranoie, per loro odierna disgrazia.
E mai, dico mai, una logica amico-nemico : assertivamente solo idee, valori, azioni, realizzazioni.
Ma la figura che va ora NESSARIAMENTE tratteggiata è quella di Fabio Ravagnani (di cui non si trova immagine "fotografica" pubblica): "l'amico di infanzia", elementari medie inferiori e superiori insieme, un padre architetto, famiglia paterna nel cuore del Tufello, separazione burrascosa del padre dalla madre nel 1968. Una leggenda familiare o realtà su un padre violento, e altre cose più delicate mai indicate chiaramemnte. Fabio intelligente ma strano, per alcuni versi, che mi porterà con lui nel 1968 a vedere il film di Polanski "Rosemary's baby"; lui era consapevole, mentre io entravo a vedere il film per una mera curiosità senza collocarlo se non nel limbo del cine-amatoriale (e per entrare raccontammo di avere già 14 anni).
Fabio Ravagnani con un "padrino" di Torino (chi fosse non lo ho mai saputo), Fabio "studioso" di economia in crescendo, che riceve borse di studio e comincia a viaggiare nel mondo e negli Stati Uniti a ventidue anni, e che seguirà corsi di specializzazione per anni ed anni a Cambridge. Fabio di cui e del cui sviluppo personale sapevo poco negli anni ottanta, ma che ritenevo affettivamente il mio amico di infanzia di sempre. Fabio Ravagnani che, dopo un periodo all'università di Frosinone (dove era diventato procuratore capo Giuseppe de Falco nel 2009, mentre Nunzia D'Elia diveniva Procuratore Aggiunto a Latina e Paolo Ferraro veniva sottoposto ad un sequestro di persona e ad una attività criminale ormai dettagliatissimamente illustrata a "pubblico qualificato"), vedrà improvvisamente accelerarsi la sua carrera universitaria nel 2012.
Fabio Ravagnani , che monitorò nel 1992 la crisi che credevo di coppia con Daniela insieme a Sandro Galiena avvocato e solerte amico, e che monitora insieme a Sandro l'ingresso nella mia vita da single di una avvocato Laura (importante), andandola a vedere nella manifestazione di destra (!!) in quel del marzo del 1995 in piazza di Montesacro, mentre Sandro la incontra a studio suo e in zona corso Trieste verso le 12 e io a stupirmi delle casualità. Lo stesso Sandro Galiena che nel balcone di casa sua (presenti Fabio e Tony), anno 1985, osserva che "Daniela era la mia ancora a terra indipensabile" essendo io un "areostato" (percepii allora, distintamente entrambi i concetti : atto a volare alto ma al contempo che si poteva far perdere nel cielo, togliendogli l'ancoraggio).
Sempre Fabio Ravagnani monitorò la vicenda della Cecchignola intervenendo attivamente, "chiamato" dall'avv. Petrucci Luca (quello della trappola di Cancrini e della semi confessione al volo del 2010, anche lui del MANIFESTO poi divenuto dark o se preferite rosso mattone tendente al bruno condiviso, parlando di politica .. sotterranea). Andarono a visionare domenica 14 novembre 2008 la casa della Cecchignola e proprio Sabrina, che reggeva una difficile parte, e che era anche minacciata nel vivo ("mi toglieranno il figlio" - n.d.r. se parlo - diceva, anche dopo il primo incontro con Cancrini).
Fabio a cui racconterò nel dicembre 2012 che avrei interrotto la attività informativa, allontandomi invece per sempre dall'amico simulatore ... avendo capito quanto bastava per decidere di non averci più a che fare.